Il Progetto MAVNA

La mole di documenti d’archivio recuperata negli ultimi anni testimonia come parte dei materiali rinvenuti alla fine dell’Ottocento sia confluita anche in altre istituzioni museali o universitarie (dalla Germania al Brasile) per le quali ancora non esistono dati editi.

Il Progetto MAVNA si è prefisso dunque lo scopo di riunire virtualmente quei corredi che, all’atto della vendita, erano stati smembrati e dispersi e oggi sono esposti in diversi musei; questa operazione può offrire in futuro anche la possibilità di ricostruire idealmente interi settori di necropoli, con sepolture contigue provenienti dagli stessi sepolcreti e sparse oggi in diversi continenti.

Il favore che questo progetto ha riscosso all’estero deriva dalla consapevolezza che la gran parte di questi materiali fu legalmente acquistata agli inizi del secolo scorso dai musei stranieri. La nascita di un museo a Mazzano Romano, nel territorio dell’originaria provenienza, costituisce per queste istituzioni l’occasione per testimoniare il possesso legale dei corredi esposti e sottolinea la differenza con i tanti musei stranieri costituiti su collezioni acquistate o esportate illegalmente.

Il MAVNA, al di là dell’interesse scientifico che ne ha motivato l’istituzione, è nato anche con un forte connotato civico. Purtroppo, già a partire dai primissimi anni del Novecento si è interrotta la stagione degli scavi ufficiali delle necropoli ed è cominciata quella che può essere definita una progressiva devastazione del patrimonio culturale mazzanese e calcatese, operata dagli scavatori clandestini. Il progetto alla base dell’istituzione del MAVNA si propone di disincentivare culturalmente le pratiche illecite, contribuendo a formare i cittadini e soprattutto le nuove generazioni al rispetto e alla tutela del patrimonio culturale e specialmente dei beni archeologici.